Larticolo senza numero
Inizialmente incongruo e in seguito familiare l’Arcano compare come oggetto di studio e come strumento d’uso in un equilibrio mirabile tra l’esoterico e il domestico. Un accenno storico per inquadrare la materia in una prima cornice che superiamo incontrando di persona il “mazzo di carte” e il suo linguaggio. Quale esperienza? La salutare esperienza di uno scandalo che alimenta con il più giusto cipiglio la ricerca di tutte le vie possibili. Vie tracciate nella sfera della coscienza vigile, del sub conscio e del super conscio, inaccessibili perché invisibili senza l’apporto dello scandalo dello strumento Arcano.
L’argomento di questo numero 0 sono gli Arcani Maggiori, ventidue tra le settantotto carte dei Tarocchi, dei Tarocchi marsigliesi in particolare, ai quali si è sempre riconosciuta un’autonomia anagrafica per precedenza e strutturale per contenuto che ne fa quasi un mazzo indipendente dalle altre carte di seme e di trionfo. La storia (tramandata) della composizione degli Arcani è soprattutto la storia della loro composizione formale e materiale presso le corti ducali dell’Italia settentrionale del XV secolo; destinati ad uso cortese di passatempo o gioco intellettuale, dipinti (quasi miniati) su tavole ricoperte di metallo sbalzato, tanto che vengono chiamati “carte” ma anche “lame”, sono commissionati ad artisti e destinati ad una famiglia, allargata, dedita alle feste, al culto, allo studio e alla guerra con identico fervore. Le allegorie rappresentate nel mazzo degli Arcani Maggiori riflettono il mondo delle immagini e dei costumi propri di quella classe sociale dalle cui vene nascevano principi, cavalieri in arme, ecclesiastici, tutti cresciuti con le immagini dipinte sulle pareti e sui soffitti delle loro stanze delle storie cortesi che anche il popolo raccontava, ricche di simboli ancestrali, astrologici, in una parola oggi per noi magici. Il gruppo di carte che chiamiamo Arcani Maggiori e il gruppo delle carte di seme e di trionfo seguono un’evoluzione che comporta per loro due usi completamente diversi: da un lato leggere le carte, dall’altro giocare a carte. Gli Arcani sono compresi ben presto nelle discipline esoteriche, cabalistiche e alchemiche, sono usati e associati alle simbologie che derivano da queste esperienze parallele per la lettura del loro testo misterico e nascosto da parte di persone sapienti, esperte, a parte dei segreti dei simboli. Le seconde divengono carte da gioco, lasciano l’ambiente cortese per raggiungere tutti gli strati sociali e al gioco da tavolo sono tutt’ora destinate mantenendo una veste ludica e lecita unitamente ad una sfumatura più aristocratica e più illecita nell’azzardo. Le direzioni sono chiare: per pochi i primi e per tutti le seconde.
Vi è traccia di una tendenza contraria tuttavia che recupera l’abitudine dell’uso degli arcani maggiori per farne uno strumento più diffuso, ovvero per sottrarre il mazzo dei tarocchi o degli arcani dall’esoterismo e dalla cartomanzia divinatoria, per restituirli alla comprensione e all’uso di un sempre maggior numero di persone. Parliamo di tendenza e non di adozione completa nell’uso comune perché questo è un fenomeno che si sta ancora compiendo. L’interesse verso gli arcani maggiori sta crescendo e un grande contributo a questa crescita è stato dato da Alejandro Jodorowsky fin dagli anni 70 del secolo scorso e più recentemente da Antonio Bertoli che riprende alcuni passi compiuti dal primo per approfondire un personale filone di ricerca di psico-bio-genealogia. In questa traccia rimane il nostro intento di uso degli Arcani Maggiori come strumento comune di lavoro per l’espansione delle nostre possibilità come individui e come membri di una comunità attivamente consapevole.
Se frutto del caso o anche quando intenzionalmente voluto e cercato l’incontro con gli Arcani Maggiori appare inconsueto, illogico e incongruo. In un mondo che norma e normalizza qualsiasi azione, (per ridurla e per riprodurla), la lettura del mazzo degli Arcani Maggiori, che chiamiamo d’ora in poi libro, può essere rubricata sotto la voce del bizzarro e lì tenuta, in una categoria quindi separata dal razionale comportamento che ci accompagna nel quotidiano interagire nel consesso umano. L’adozione del libro degli Arcani e l’intento di farne un uso quotidiano e domestico è quindi un gesto in odore di eresia, è l’accostare strumenti di natura diversa, abituati ad una rigida compartimentazione, fino ad una prossimità promiscua.
Lo scandalo di questo incontro non più fortuito con gli Arcani Maggiori, il voluto inciampo di una marcia altrimenti marziale, fornisce l’energia necessaria per dare avvio e sostenere una ricerca feconda di risultati inaspettati.
Il libro degli Arcani Maggiori è stato scritto secoli fa dall’Umanità e parla di Umanità. Sebbene sia innegabile che a prima vista non sia una lettura per tutti è piuttosto vero il contrario in quanto il linguaggio adottato dalla serie degli Arcani per la propria narrazione è criptico, certamente, ma comune a tutti: il linguaggio simbolico con il quale le carte sono composte è lo stesso linguaggio simbolico che noi usiamo inconsciamente dormendo e sognando, il linguaggio che associa alle variazioni cromatiche del mondo le sfumature emotive e psicologiche nei nostri comportamenti, il linguaggio che in una sequenza di numeri trova una eco morfologica con il corpo umano, le sue parti e la misura del mondo che ne consegue. Sarebbe sufficiente questo breve excursus nei caratteri fondamentali degli Arcani Maggiori, delle figure che li ritraggono nelle ventidue carte, per confermarci tutti nel pieno diritto di adottarli come opera intellettuale che a tutti appartiene. Nel momento in cui decidiamo che gli Arcani Maggiori fanno parte della nostra personale biblioteca di riferimento, che fanno parte di un linguaggio innegabilmente nostro, essi compiono una sorta di viaggio di ritorno. Staccatisi da noi-umanità tornano a noi-umanità. Ecco che l’intento che ci siamo proposti è un intento di integrazione tra i diversi linguaggi che abbiamo a disposizione sia per esprimerci sia per riflettere su noi stessi e sulla condizione che contribuiamo a costruire. Agli strumenti narrativi consueti, ad esempio il romanzo ottocentesco, declinato nel medium di un libro stampato o di un film girato, agli strumenti operativi più diffusi, la comunicazione di massa, informativa o commerciale, formulata con parole e immagini, accostiamo un altro strumento di interpretazione caratterizzato dal linguaggio simbolico dell’arte e dei sogni.
L’operazione di accostare strumenti propri di ambiti diversi, (perché diverse discipline entrino in un dialogo insolito e conducano a risultati insoliti), ha fondamento, lo abbiamo accennato, nella disposizione della nostra facoltà di esprimerci attraverso un discorso e di agire attraverso tutto lo spettro delle nostre azioni su tre dimensioni contigue ma distinte: il sub conscio, la dimensione cosciente e il super conscio. Il mondo che abitiamo e nel quale siamo immersi e che abbiamo contribuito a creare opera con noi e attraverso di noi senza tralasciare alcuna di queste dimensioni e degli strumenti e dei meccanismi loro propri: lo fa in modo automatico, in un flusso di azioni e stimoli nel quale siamo compresi e al quale tuttavia pensiamo di poter rispondere, (quando ne abbiamo consapevolezza), privilegiando il piano cosciente, misconoscendo il livello inconscio e ignorando il piano super cosciente. Ecco che l’integrazione di strumenti e linguaggi è l’operazione preliminare, assolutamente necessaria, perché il dialogo tra l’individuo e il mondo, un dialogo costituito da produzione di logos e di azioni, in una parola di intenti, avvenga con profitto e soddisfazione di entrambi i soggetti; in altre parole perché lo scambio dei doni della conoscenza sia pari e fluisca in entrambi i sensi, dall’individuo al mondo e dal mondo all’individuo senza che nessuno dei due termini debba subire passivamente la soverchiante superiorità concessa all’altro per il semplice fatto di aver rinunciato a tutti i possibili strumenti a disposizione e i livelli di esistenza.
Se il linguaggio con il quale il libro degli Arcani parla di Umanità è proprio dell’Umanità, chi legge gli Arcani? Nell’ottica sopra esposta, nell’intento di diffusione e adozione collettiva di questo strumento, il ricorso al tarotista, che chiameremo più genericamente facilitatore, non può essere un cieco affidarsi ad una figura oracolare che vede e sa e può parlare per aver conseguito opportuna patente; nell’uso che vogliamo proporre di questo libro tutti leggono gli Arcani. Intendiamo che la lettura è un momento condiviso del linguaggio e avviene sempre in un dialogo tra chi formula la domanda e chi facilita la connessione delle parti sub consce e le parti coscienti di chiunque partecipi alla lettura e tra queste e il super conscio comune a tutti. C.G.Jung aveva portato l’attenzione sulla coppia psicanalitica al centro del metodo da lui adottato; allo stesso modo la lettura degli Arcani Maggiori, in una stesa semplice o articolata, è un’esperienza portata da chiunque e a chiunque partecipi ad essa. Non è possibile dire con sicurezza razionale da quale coscienza emergano le parole che formano la lettura e questa evidenza è conferma della riuscita nella costruzione di un campo in cui il linguaggio si fa strettamente e intimamente comune.
Chiudiamo questo articolo che ha appena tratteggiato l’avvicinamento dei lettori al libro degli Arcani con un ulteriore riferimento all’intento. Perché se l’intento della disciplina è l’integrazione, qui integrazione di linguaggi, quale l’intento della singola stesa, quale l’intento delle persone che alla stesa partecipano? La risposta ha in sé una parte elementare e un corollario. Potremmo dare la stessa risposta anche alla domanda: perché il discorso che teniamo nel mondo? Perché le azioni che portiamo nel mondo? Per la soddisfazione di un bisogno.
Questo è evidentemente solo l’inizio. Quanto possono essere complessi, articolati, stratificati, infatti, i bisogni che l’umanità esprime? Anche solo arrivare a formulare un bisogno, nel complesso mondo che abitiamo, richiede una presa di coscienza di sé, della propria condizione e del proprio ruolo all’interno della società, che richiede più di un momento di riflessione. Il ricorso alla lettura di Arcani Maggiori può aiutare non solo nella formulazione del bisogno, (e implicitamente nella identità che lo esprime), ma anche nel trovare una strada che possa condurre alla sua soddisfazione. Lungi dal voler trovare una risposta così come se ci si provasse nella divinazione del futuro in una sfera di cristallo, la lettura di Arcani Maggiori ha più attinenza con uno strumento di osservazione comune, maneggevole, come una lente di ingrandimento o un piccolo specchio e come questi ha un fuoco nel quale convergono non raggi ma attenzione, consapevolezza, responsabilità e cura.







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